La moda sta perdendo la memoria non si ricorda quando era nata, quale era la sua funzione e soprattutto non si ricorda la sua identità, come succede a chi soffre del morbo dell’Alzhimer. Le quotazioni in borsa delle Maison hanno trasformato i laboratori del gusto e della distinzione personale in una fabbrica di illusione facendo sognare il cliente di entrare nel paradiso del cool e in cambio di cifre da capogiro offrono uno stile rivisitato privo di personalità. Mi riferisco alla moda che vediamo indosso a chi si identifica in un logo al di cosa possa esprimere.
L’enciclopedia Treccani definisce la moda come: “Fenomeno sociale che consiste nell’affermare, in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale, modelli estetici e comportamentali. Modelli estetici che contribuiscono a rendere riconoscibile la cultura che esprimono”.
La moda ha perso la memoria della sua cultura, della sua evoluzione imprigionandosi in una dimensione fallace atta a catturare l’attenzione delle fashion victims senza offrire niente in cambio. Si prostituisce ai tam tam dei social per essere desiderabile, un giorno illudendo che salverà il mondo dall’inquinamento e in un altro che è animal-friendly, commossa dai micetti che impetiosiscono i cuori. Ѐ diventata una competizione tra chi riesce a stupire di più con l’arte dell’illusionismo. Dietro a questo scenario c’è il business di prodotti a basso contenuto creativo e che vengono osannati più per l’etichetta esterna che li rappresentano. Dopo la collaborazione di Adidas e Gucci è stata presentata quella di Adidas e Balenciaga con elementi che privi di marchio non avrebbero avuto alcuna risonanza.
Niente di nuovo tutto riciclato e solo esaltato con l’estro di un packaging mediatico atto ad evidenziare l’evento. I vari Gianfranco Ferrè, Gianni Versace, Krizia, Giorgio Armani e molti altri stilisti che negli anni 80 dettero uno scossone nel mondo della moda attraverso l’innovazione rimangono solo un ricordo del passato.
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