Dal motore al guardaroba: la standardizzazione come nuovo lusso?

da | Ott 18, 2025

“Una visione customer-centric orientata a scelte estetiche e d’immagine non più affidate esclusivamente alla creatività e alla personalità dello stilista, ma fondata anche su analisi di mercato, dati di vendita e feedback dei consumatori, rappresenta oggi il nuovo paradigma strategico. L’obiettivo è quello di incontrare il gusto del pubblico senza sacrificare l’identità delle maison”.
È questo il fulcro dell’approccio con cui il CEO di Kering, Luca De Meo, intende intervenire sulla Maison Gucci, storicamente il fiore all’occhiello del gruppo francese.

Tuttavia, questa impostazione segna un passaggio rilevante: non si parla più di un prodotto capace di generare emozione, ma di un marchio esaltato attraverso una comunicazione studiata per coinvolgere il maggior numero possibile di clienti. In altre parole, la spinta creativa rischia di lasciare spazio a una strategia di consenso, dove l’immagine prevale sulla visione.

De Meo proviene dal settore automobilistico di fascia media, un mercato altamente competitivo in cui il design risponde prevalentemente alla domanda, senza affermare un’identità autoriale precisa: quello dei SUV. Un tempo marchi come Mercedes, BMW o Audi si distinguevano per design, prestazioni, tecnologia e longevità del prodotto, basti ricordare che negli anni ’80 una Mercedes diesel poteva percorrere oltre 500.000 km senza interventi significativi. Oggi, al contrario, i modelli tendono ad assomigliarsi, le tecnologie perdono carattere distintivo e l’affidabilità è divenuta un valore secondario.

Sorge quindi una domanda: spendere oggi 50, 60 o 70 mila euro per un’auto conserva ancora il valore simbolico di un tempo, oppure il consumatore preferisce una scelta più razionale e funzionale?
Lo stesso interrogativo può essere applicato al mercato della moda. Se un prodotto diventa troppo “facile” per favorire la vendita, ma viene proposto a un prezzo elevato non giustificato da un’effettiva originalità creativa, può davvero avere successo?

È un tema complesso, ma appare evidente che anestetizzare la moda significhi condurla verso uno stato comatoso. Se in passato gli eccessi creativi hanno talvolta superato il buon senso, oggi la mancanza di visione rischia di ridurre la moda a un semplice esercizio commerciale. Senza il guizzo dell’idea, l’acquisto di un outfit diventa analogo a quello di un’automobile: un’operazione guidata dal rapporto qualità-prezzo, lo stesso principio che alimenta l’attuale successo dei grandi retailer come Zara.

La creatività è l’anima del mondo della moda. Senza di essa, l’abito perderebbe la sua capacità di comunicare identità, emozione e visione. È la forza che trasforma un semplice tessuto in un linguaggio estetico, capace di interpretare il tempo in cui viviamo e, allo stesso tempo, di anticiparlo. La creatività permette di innovare le forme, i materiali e i concetti, mantenendo viva l’evoluzione di un settore che vive di cambiamento continuo. In un mercato sempre più omologato, essa rappresenta l’elemento distintivo che separa il prodotto anonimo dall’opera di stile.

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