Oggi le maison francesi risultano vincenti sul panorama del fashion, un esempio è Chanel che è in crescita del 68,5% rispetto al dato pre-pandemico del 2019, e un fatturato di 15,64 miliardi di dollari (14,61 miliardi di euro), in salita del 27,4%. A cosa è dovuta questa realtà?
Se spesso all’industria del lusso è attribuito un valore meramente economico, la Francia dimostra come esso in realtà abbia un forte potenziale geopolitico. A prima vista può sembrare assurdo associare la protezione dei propri confini o l’espansione in altri alla moda, ma dopo un’attenta analisi possono emergere delle affinità. “Ogni uomo per vivere” dichiara Saint Laurent “ha bisogno di fantasmi estetici. Io li ho perseguiti, cercati, ne sono andato a caccia”. Il lusso, la moda altro non sono che la messa in scena di un soggetto archetipico, simbolico, di un “fantasma estetico” nel tentativo di auto-rappresentarsi. Così le creazioni dello stilista evocano una certa idea della Francia, chiunque nel mondo le indossi o semplicemente le veda esposte in una vetrina oppure riprodotte in una rivista corre con la mente a Parigi. In altre parole è la Francia che si proietta oltre i suoi possedimenti fisici d’Oltremare e racconta sé stessa al mondo attraverso l’estro dello stilista. Il lusso si distingue rispetto allo spazio indistinto e generico chiamato ‘moda’ proprio perché propugna un’idea di grandezza, di esclusività, di aristocrazia in chi lo crea e in chi lo indossa.
Storicamente le maison francesi ci hanno preceduto, come Louis Vuitton, Dior, Chanel, Pierre Cardin, Ives Saint Laurent che hanno coniato il simbolo del lusso francese in tutto il mondo.
Quindi analizzando che lo storico del lusso francese è antecedente a quello italiano e la sua espansione mondiale sia un bollino di garanzia sul prodotto per i suoi clienti affezionati, possiamo dedurre che anche il lusso abbia un legame, ideologicamente, con la geopolitica.
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