E’ giusta la strategia europea del tessile sostenibile?

da | Nov 22, 2021

La “Strategia Europea per il Tessile Sostenibile è un grosso contenitore che prevede una serie di misure che dovranno essere adottate: saranno in parte obbligatorie e in parte volontarie. Riduzione delle microplastiche: è un tema prioritario e già entro la fine del 2022 arriverà una prima regolamentazione. Dovrebbe prevedere che i capi siano accompagnati da una etichetta per il consumatore nella quale si danno indicazioni sul numero di lavaggi del capo, sulla manutenzione, sugli accorgimenti da prendere per ridurre il rilascio di queste sostanze nelle acque. Inoltre la Commissione vuole educare i propri cittadini a un nuovo tipo di consumo stimolandoli ad allungare la vita dei capi. In mezzo a tutte queste novità, ci saranno anche tante risorse che saranno messe in campo dalla UE per accompagnare la transizione: per supportare l’innovazione nei materiali, per sostenere investimenti in infrastrutture adeguate per l’economia circolare e il riciclo. Avremo il tempo di agire, perché la raccolta differenziata dei tessili è obbligatoria dal 2025, quindi gli Stati potranno dotarsi di impianti adeguati in grado di gestire il nuovo flusso di rifiuti. Ma poi cosa dovranno fare i cittadini? Probabilmente tutto si risolverà con l’installazione di alcune campane per la raccolta dei tessili gestite dai Comuni e quindi cambierà poco in pratica.

Non mi trovano d’accordo sul fatto che il peso del business legato al fashion system debba ricadere per forza sul cliente. Dato che andremo verso un consumo più consapevole le produzioni si livelleranno con un conseguente calo di lavoro, quindi l’azienda potrebbe attivare un nuovo servizio in alternativa, basato sul principio che usano i produttori degli elettrodomestici: fanno il ritiro dell’usato per consegnare il nuovo. In questo servizio ci sarebbe un apposito reparto che farebbe la cernita fra capi usati rivendibili e non, di cui i primi, una volta ripristinati, andrebbero distribuiti nelle varie catene di degli outlet adibiti quindi a negozi di usato multimarca, mentre i secondi smistati in un centro di riciclo tessile. Si eviterebbero produzioni inutili di bassa scadenza come vengono attuate per gli outlet con il fine di aumentare il fatturato (in modo fittizio) e favorirebbe la nascita della figura di assistente pari a quello del personal shopper all’interno dell’outlet, atto a suggerire al cliente un abbinamento unico e personale. In conclusione con questo sistema le varie maison potrebbero sopperire ad un eventuale calo di fatturato, si avvicinerebbero al principio di inclusione tanto amato dalla gen Z e si genererebbe un sistema circolare pulito con un minimo investimento.

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Giuseppe Mazzei

Esperienza di 38 anni nel campo della moda come fashion designer e fashion consultant freelence, in Italia e all'estero UK, Cina, Russia, Turchia, realizzando campionari di abbigliamento. Opera facendo inizialmente una ricerca trasversale di tendenze raccogliendo notizie, dai cambiamenti sociali, di pensiero, della moda, dello spettacolo, dell'interior design , del locomotive, musicali, delle subculture per capire cosa piacerà al cliente finale e con quale criterio comprerà, per poi studiare il prodotto.

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