Nel mio precedente post avevo sottolineato quanto sia importante per un brand scegliere tra posizionare sul mercato un prodotto a breve scadenza ed uno diametralmente opposto che abbia un’identità più personale e longeva nel tempo e solo nel secondo caso ci troviamo difronte alla solidificazione delle fondamenta di un brand. De Sarno ha avuto il compito di riscrivere i codici di Gucci e se la sua prima collezione, dopo il cambio di rotta estetico di Alessandro Michele, non ha soddisfatto le aspettative in questa ha avuto il coraggio di non cercare il fatturato con snaickers, felpe e jeans, come in quella predente. Ha espresso la vera essenza del lusso andando a plasmare un’immagine che non può che essere il nostro made in Italy con gli ingredienti di artigianalità, ricchezza, armonia e che ha saputo condire con la seduzione. Il direttore creativo non si è prostituito ad effetti grotteschi per attirare l’attenzione da parte di quel pubblico elitario amante dell’esclusività assoluta, ma ha concretizzato il sogno estetico usando lo straordinario nell’ordinario. Come ha affermato lui stesso “ i sogni dialogano con il reale, non è alla ricerca di abitare in un altro mondo, ma di modi di abitare in questo mondo”.

Oggi il messaggio di Gucci è un inno alla vita, alla gioia di esistere, alla ricerca della positività, distanziandoci da una realtà quotidiana che ci avvilisce , ma ci trascina verso un’oasi estetica di bellezza incontaminata in cui viene stabilito, senza scadenza, un misurato equilibrio tra opulenza e raffinatezza.