La sfilata di Balenciaga ci propone la cronaca del terribile momento che stiamo vivendo in cui lo stilista Demna Gvasalia si sente chiamato in causa. Anche lui visse in Georgia la guerra con la Russia iniziata nel 1993 e che si concluse nel 2008 con l’indipendenza del suo paese. La guerra provocò 20272 sfollati di etnia georgiana fino al 2014.
Demna ha accolto gli ospiti regalando a ciascuno una maxi t-shirt con i colori della bandiera ucraina. Sulle sedute anche un messaggio introduttivo allo show firmato dal design georgiano: “La guerra in Ucraina ha scatenato il dolore di un trauma del passato che porto con me fin dal 1993, quando la stessa cosa è successa nel mio paese natale e io sono diventato per sempre un rifugiato. Per sempre perché è qualcosa che resta con te. La paura, la disperazione, la consapevolezza che nessuno ti vuole”.
Come ci ha riferito, avrebbe voluto rinunciare all’evento, ma poi ha deciso di non arrendersi di fronte a questa guerra egocentrica e senza senso.
Le modelle avanzano nelle neve con borse che ricordano dei sacchi di spazzatura in cui si raccolgono in fretta i beni primari che si possono portare con sé quando l’unica esigenza è scappare. Visi cupi e resilienti con capelli inumiditi dalla bufera di neve descrivono tutto il coraggio per affrontare questa guerra geopolitica.
Abiti e tute elasticizzate ibridi, sneakers e scarpe integrate, i motivi floreali delle prime collezioni, trench e faux fur over e maxi piumini. Balenciaga ancora una volta ha messo l’accento sull’upcycling in particolare con l’uso del nastro da imballaggio logato, che è stato trasformato in una tuta indossata da Kim Kardashianda o in cinture per abiti e pantaloni, mentre le tracolle sono state realizzate con gli stivali star della maison.
Più che una sfilata sembra un film mostrato alla Russia e all’occidente perché ognuno ha la sua parte di colpa in questa guerra assurda.
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